La storia
Fu Marco Polo che la portò per primo in Europa e ne creò il commercio lungo la Via della Seta. E ora è la pietra preziosa che sta addirittura volando in Cina, dove la classe media si affaccia al mercato e finalmente, dopo averla così tanto desiderata, la può acquistare.
Il significato simbolico
«L’oro è di valore, ma la giada è senza prezzo», recita un antico proverbio cinese. Confucio stesso, d’altra parte, sosteneva che quella gemma dal verde brillante avesse ben undici virtù, fra cui la benevolenza, la fedeltà, l’educazione e la sincerità. Per i cinesi il valore simbolico è pari a quello dei diamanti in Europa.
La più pregiata
È dal Kachin regione montuosa e impervia nella parte più settentrionale del Myanmar che proviene oggi fra il 70 e il 90% della giadeite, la giada di migliore qualità.
Il problema etico
La migliore, ma anche la più insanguinata. Dai blood diamonds alla blood jade. Mentre l’industria mondiale dei preziosi è impegnata da tempo per regolare e rendere sempre più etici l’estrazione e il commercio dei diamanti, la tracciabilità della sempre più richiesta giada è praticamente inesistente e finanzia il lungo e difficilissimo conflitto interno del Paese.
Il problema ambientale e sociale
Le estrazioni sono controllate dalla Myanmar Gem Enterprises, che fa capo al governo militare, e le ong che hanno potuto visitare i siti hanno denunciato un ambiente naturale devastato dal taglio delle falesie e soprattutto un’umanità sfruttata economicamente e in condizioni di lavoro pericolose e precarie e che muore letteralmente nel fango.
Un interesse in crescita in Cina
Se in occidente il mercato è bloccato dopo il colpo di stato in Birmania, in Cina l’interesse per questa pietra è in costante aumento e vince sui collezionisti cinesi di oggetti di lusso, ancor prima di orologi, auto di lusso, vini pregiati e opere d’arte. Fenomeno in sintonia con il boom dell’alta gioielleria inteso come bene rifugio in questi anni segnati da pandemia e inflazione.
E la fortuna anche in Europa
Non solo, in un’intervista al New York Times secondo il responsabile per Sotheby’s delle categorie gioielli e orologi per l’area asiatica, l’interesse per la giada, sta crescendo anche in America e in Europa con un aumento del 20% delle vendite di gioielli in giada nel 2021. Un caso eclatante è stato quello della collana di giada Cartier appartenuta all’ereditiera americana Barbara Hutton. È stata venduta all’asta di Sotheby’s ad Hong Kong nell’aprile 2014 per 27,44 milioni di dollari, un valore 6 volte superiore a quando fu venduta nel 1994.
La giada piemontese
Se i gioielli antichi in giada quindi hanno un buon mercato anche in Occidente, il problema per la creazione di nuovi gioielli, determinato dal blocco della giada birmana, vede uno nuovo spiraglio nella scoperta e nel crescente interessamento per la giada piemontese. La “giada” italiana esiste davvero, anche se è una varietà particolare, certo non pregiata come quella birmana, ed è stata scoperta nei primi anni Duemila nell’area del Monviso da due “cristalliers”, cercatori di cristalli di montagna, Franco Manavella e Franco Salusso. Il suo nome è omfacite, e il suo verde è verde davvero. La “giada piemontese” è stata presentata per la prima volta alla Mostra Mineralogica di Sainte-Marie-aux-Mines (Francia)